Il Comune e i tifosi pronti a costituirsi parte civile

Pubblicato: 6 febbraio 2012 in Mondo Ultras
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BARI – La città, e non solo i tifosi di calcio, è quasi sotto shock. L’inchiesta sulle partite vendute da Andrea Masiello & soci a delinquere nello scorso campionato non è solo un dolore «sportivo», ma una ferita difficilmente rimarginabile.

 

Anche perché coinvolge in prima persona alcuni degli «eroi» della squadra di Conte prima e Ventura poi, quella del grande sogno. Sono in tanti, tantissimi, quelli che stanno pensando ad una costituzione di parte civile nel processo che prima o poi sicuramente arriverà.

In primis il Comune. «Il danno di immagine è diretto ed inequivocabile – ha tuonato l’avvocato Gianfranco Grandaliano, che tutela l’immagine della città nei processi di mafia – l’intera comunità barese è stata offesa e chi ha manomesso il risultato delle partite ha per lo meno provocato un danno materiale a quanti hanno speso soldi per gli abbonamenti e per i biglietti. Qualcuno dovrà pur essere chiamato a risarcirli». Il problema, nel caso del Bari, è assai più che cornuto. Perché basta fare due conti ed una semplice riflessione: se – e sottolineiamo se – sarà possibile collegare il rapporto di causa- effetto tra le partite «vendute » e la retrocessione della squadra, allora non sarà difficile stabilire quanto le prestazioni «farlocche» abbiano pesantemente condizionato il futuro del club. Se il Bari fallirà, o comunque vivrà un periodo di ferocissimi ridimensionamenti che ne metteranno a repentaglio la sua stessa esistenza in vita, sarà diretto il filo che collega quelle partite vendute alla «morte» della società biancorossa.

E l’Associazione Sportiva Bari spa avrà certamente tutto il diritto di valutare se e come rivalersi dell’enorme danno subito (tra mancati diritti tv e minori introiti da botteghino ed altro, più o meno quaranta milioni di euro, più la gigantesca svalutazione del parco giocatori), tale certamente da provocare l’eventuale fallimento. Alberto Savarese, il Parigino, uno dei portavoce degli Ultras, lo dice a chiare lettere: «Troverei pienamente legittimo da parte del Bari da un lato e degli abbonati dall’altro la costituzione di parte civile. Il danno diretto per gli abbonati è facilmente dimostrabile e forse potrebbe essere percorribile anche la strada del danno morale per tutti gli altri. Incontro sempre più spesso tifosi, soprattutto avvocati, che mi dicono di essere pronti a muoversi, a tutelarsi, in comitati, per class action ma anche singolarmente. E se davvero sarà dimostrata la colpevolezza di quei calciatori, allora sarà del tutto legittimo mettere loro le mani in tasca, chiedere risarcimenti, aggredire beni e conti bancari. Gente che guadagnava 3-4-500mila euro netti l’anno e che ha massacrato senza la benché minima indecisione i sogni di chi, pur facendo fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, spendeva tutti i suoi pochi euro per il Bari, per loro».

«Non c’è nessuna volontà di perseguire nessuno – dice Michele Emiliano – ma è chiarissimo che, se dovesse essere dimostrata la truffa, l’accomoda – mento delle partite, col nome di Bari che continua a circolare su giornali e televisioni non certo in maniera positiva, sarebbe il minimo da parte dell’amministrazione cercare di salvaguardare il nome della città, indissolubilmente legato a quello della sua principale società sportiva a cominciare dai colori sociali che sono gli stessi del gonfalone comunale». Una tutela ancor più necessaria se – ma gli avvocati di tutti i coinvolti ribadiscono la totale estraneità ad ogni contiguità – passasse la linea della Procura di Bari che mira a trovare una «liaison» tra le puntate, i corrotti ed il flusso di denaro da riciclare dei clan mafiosi baresi. Sono anni che il Comune prende posizione in sede processuale contro i clan e stavolta non potrebbe fare eccezione. Sarebbe la prima volta in Italia del tentativo di costituzione in un procedimento di questo tipo per un Comune. Un precedente destinato a fare epoca ed a complicare non poco l’eventuale situazione processuale dei coinvolti.

E mentre la squadra guidata da Torrente si batte coraggiosamente per tenere alto il nome della città in barba a difficoltà di ogni tipo, mentre la società cerca di evitare ogni possibile altra penalizzazione e pensa a come parare il colpo di questa inchiesta che si preannuncia durissimo in sede sportiva, il Parigino e centinaia se non migliaia di tifosi si preparano a tentare di inseguire il sogno della «public company», la campagna di azionariato popolare per tentare di arginare la crisi societaria, sperando di trovare strada facendo qualcuno in grado di dare conforto ai loro sogni (si è già svolta una riunione allo Sheraton, altre ne seguiranno). Mai, nella sua ultracentenaria storia, il Bari era finito in un casino come questo, nemmeno ai tempi della quarta serie, nemmeno in tempi di masima difficoltà economica. Uno stato di depressione collettiva che rischia di essere digerito a fatica. I tempi della notte del 9 maggio 2009, con i centomila in piazza per San Nicola e per Conte e suoi ragazzi sembrano lontani tre millenni. Tra quattro mesi saranno solo tre anni fa.

[Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno]

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